Il centro di Fonteblanda
- Borghi Medioevali
- Argentario
Situato su un colle alto 209 metri è citato per la prima volta nella Bolla Leonino-Carolingia nell' 805, con la quale Carlo Magno lo donava all'Abbazia della Tre fontane in Roma. Il nome Capalbio sembra derivare da caput album (testa calva), che è anche il simbolo del paese; sulla porta senese è ancora visibile lo stemma con il leone senese che sorregge una testa calva. Importanti reperti archeologici testimoniano la presenza di insediamenti umani fin dalla più remota antichità. Fu assoggettato ai conti Aldobrandeschi successivamente agli Orsini e dal 1416 appartenne alla repubblica di Siena. Nel 1552 Capalbio fu occupata per un brevissimo periodo dalle truppe spagnole di Carlo V. Caduta la repubblica senese il territorio fu assegnato dalla Spagna a Cosimo I dei Medici, nel 1765 fu aggregata a Manciano e nel 1842 ad Orbetello. Con il plebiscito del 1860 fu annesso al regno d'Italia e soltanto dal 14 settembre 1960 recuperò la sua autonomia amministrativa. Oltre alla torre aldobrandesca, ha un certo interesse il salone del palazzotto risalente al XVI secolo che sembra aver ospitato personaggi illustri quali il Puccini e D'annunzio. Quest'ultimo tradusse così la lapide latina posta sulla porta senese del XV secolo : "Sono capalbio felice, difeso dal leone senese dal quale sono protetto, e da queste prime mura restaurate a proprie spese e dalla altre mura che circondano le prime, correndo gli anni millequattrocentoquattro oltre i quali il mondo aveva girato dieci anni e più volte due". Sotto il castello, nella pieve di S. Nicola, si possono ammirare affreschi di scuola senese del XIV secolo e quelli di scuola umbra del XV secolo. Meritano infine menzione le mura del camminamento dalle quali si può ammirare un panorama di rara bellezza. A titolo di curiosità segnaliamo che verso la fine dell'800 ha trovato rifugio nella macchia circostante, uno dei più noti briganti toscani del periodo: Domenico Tiburzi. Rimasto ucciso il 23 Ottobre 1896 durante un conflitto a fuoco con i carabinieri. Il famoso bandito fu poi seppellito nel piccolo cimitero del paese, dove è tuttora presente la colonna alla quale Tiburzi fu legato da morto, perché gli potessero scattare la fotografia a tutt'oggi venduta nella zona.